BOLOGNA: Strage alla stazione, ora i mandanti hanno nome e cognome | VIDEO
CRONACA -
Sono state pubblicate le motivazioni della condanna all’ergastolo per Paolo Bellini, considerato il quinto uomo che il 2 agosto del 1980 fece saltare in aria la stazione di Bologna. Nel documento anche i nomi dei mandanti della strage.
Il “Venerabile maestro” della Loggia P2, Licio Gelli, il suo braccio destro Umberto Ortolani, il capo dell’ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno, Federico Umberto D’Amato, il senatore del Movimento Sociale Mario Tedeschi. Tutti piduisti, tutti deceduti. Sono loro i mandanti della più grande strage della storia d’Italia, quella del 2 agosto 1980 a Bologna nella quale morirono 85 persone. I nomi, assieme a quelli dell’ex capitano dei Carabinieri Piergiorgio Segatel e di Domenico Catracchia, condannati per depistaggio, emergono dalle motivazioni della sentenza con la quale la Corte d’Assise di Bologna ha condannato all’ergastolo Paolo Bellini, considerato il quinto terrorista presente sul posto e che collaborò con Fioravanti, Mambro, Ciavardini e Cavallini all’esecuzione materiale della strage.
Prove definite “granitiche” quelle a carico di Bellini, riconosciuto in stazione dalla moglie in un filmato dell’epoca, con la donna che nel corso del processo ha demolito l’alibi che l’imputato si era costruito. Per lui, neofascista al soldo dei servizi segreti, si ipotizza addirittura il ruolo del corriere deputato alla consegna della bomba. Non solo però solo i nomi di chi c’era a risaltare nel documento di 1742 pagine. A fare ugualmente rumore sono i nomi di chi non era sul posto e che, da lontano, muoveva i fili di quella che sarà poi definita la “strategia della tensione”. “All’attuazione della strage – si legge - contribuirono in modi non definiti, ma di cui vi è precisa ed eclatante prova nel documento Bologna, Licio Gelli e il vertice di una sorta di servizio segreto occulto che vede in D'Amato la figura di riferimento in ambito atlantico ed europeo” Inoltre “Anche coloro che si resero mandanti o finanziatori della strage, condividevano obiettivi antidemocratici di fondo e ambivano all’instaurazione di uno Stato autoritario”.
Soddisfatti i familiari delle vittime: la sentenza di primo grado conferma il lavoro portato avanti dal collegio difensivo dell’associazione, “Resta però ancora da indagare il livello politico – spiega il presidente Paolo Boognesi – cioè tutti coloro che coprirono e depistarono gli affiliati alla loggia P2”