UCRAINA: La storia di Zhenya, fuggito da Mosca contro la "guerra criminale"
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“Solo un anno fa, quello che abbiamo vissuto in questi mesi non lo avremmo mai immaginato: un sogno terribile che non sarebbe mai potuto accadere nella vita reale”. E’ il racconto di Zhenya (nome di fantasia), un 31enne russo che racconta la sua storia dopo essere scappato da Mosca. Zhenya è nettamente contrario all’attacco che il suo paese ha mosso contro l’Ucraina e la fuga si è resa necessaria per evitare un arruolamento che, dopo la mobilitazione proclamata da Putin, sembrava sempre più probabile. “La mia famiglia è originaria della Siberia, da parte di padre i miei nonni erano ucraini. Questa è una guerra fratricida che non accetterò mai. Io sono andato nella capitale quando avevo 21 anni in cerca di una vita migliore. La nostra esistenza – dice con la voce rotta dal pianto - è cambiata radicalmente il 24 di febbraio e, a dirla tutta, nessuno di noi ha subito realizzato quanto tutto questo fosse spaventoso”.
Zhenya rappresenta il classico esempio di una nuova generazione di russi che ormai si sentiva a pieno titolo occidentale e globale. Una vita ricca di soddisfazioni, qualche comodità, l’ultimo iPhone in tasca, ogni tanto una vacanza a Rimini in cerca di sole e divertimento. Una vita normale seppur ancora lontana, anche prima della guerra, dagli standard europei: “ho un compagno – racconta in un perfetto inglese -, conviviamo da cinque anni. In Russia lo Stato e la società stessa non accettano né riconoscono i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Fin dalla mia infanzia ho dovuto nascondere il mio orientamento e la nostra relazione è sempre stata quasi clandestina e nascosta. Abbiamo scelto di non dirlo mai apertamente per evitare anche problemi alla nostra sicurezza”.
Dopo l’attacco in Ucraina, Zhenya ha perso il suo impiego: “lavoravo per una grande azienda occidentale come stilista e project manager, realtà che ha poi scelto di andarsene dal paese licenziandoci tutti. Poi ho rimediato in una piccola impresa russa fino a quando ho deciso di lasciare il paese”. Zhenya parla da un paese europeo non appartenente all’Unione dove è riuscito a trovare riparo col suo fidanzato e con altri amici che sono riusciti a fuggire.
“Io non prenderò mai le armi per combattere questa aggressione ingiusta. Molte persone – sottolinea - pensano che coloro che non sono d'accordo con questa guerra criminale avrebbero dovuto scendere in piazza in Russia e protestare davanti al governo. Purtroppo nel mio paese non c’è democrazia e se protesti finisci direttamente in carcere. Il governo negli ultimi decenni ha preparato distaccamenti speciali per disperdere i manifestanti e ha messo a punto un sistema punitivo che spezza per sempre la vita dei dissidenti”.
Pertanto, “l'unico modo per non prendere le armi per combattere la guerra in Ucraina era fuggire dal paese. Sono andate via le persone finanziariamente più benestanti, la classe media che sa e ama lavorare onestamente e coloro i quali non hanno mai sostenuto il regime esistente. Non posso accettare che noi andiamo a uccidere i nostri fratelli ucraini ma così purtroppo è; rabbrividisco per quanto accade. Negli ultimi giorni prima di andarmene correvano voci di possibili posti di blocco sulle strade per individuare uomini idonei all’arruolamento. In effetti – spiega - c’erano auto in giro che prelevavano le persone tra le vie della città per portarle fuori, non si sa dove. Lo Stato ci ha mentito su tutto, i media da anni sostengono la narrazione di regime facendo di fatto un lavaggio del cervello a chi guarda e la stampa libera è stata chiusa”.
Uscire dal paese non è stato facile: “i prezzi dei biglietti aerei sono aumentati di dieci volte e per potermi imbarcare ho dovuto acquistare un biglietto di andata e ritorno per il Kazakistan con scalo a Dubai. Il doganiere mi ha fatto passare poiché sono riuscito a sostenere la tesi di un viaggio di lavoro. Quando sono partito, il panico tra le persone era solo all’inizio e per fortuna non ho trovato file enormi in aeroporto. Ho paura di ricordare quel giorno: ho lasciato la mia famiglia, la mia casa, tutto. Non sapevo se avrebbe funzionato o meno, c'era solo speranza nel mio cuore”. Dopo qualche giorno a Dubai, un nuovo biglietto aereo verso i Balcani dove ha potuto riabbracciare il suo compagno, anche lui a sua volta giunto lì non senza problemi. “Ora mi sento al sicuro ma sono psicologicamente devastato. Rabbrividisco a qualsiasi rumore, ho una paura costante per la mia vita e mi manca molto la mia famiglia. Mi sento come se fossi seguito continuamente. Non ho molte cose con me, le carte di pagamento non funzionano e questo crea molti problemi”.
Un rifugio con gli occhi ora puntati all’Italia e all’Unione Europea, nella speranza, un giorno, che si aprano i confini: “voi avete la fortuna di vivere in una società dove ci sono dei diritti e dove la vita è preziosa. Luoghi dove le persone possono amare, svilupparsi e vivere apertamente come si vuole. L’Italia è quel paese a cui io mi sono sempre ispirato: siete la storia dell’arte, la cultura, il cibo. Siete quanto di più insolito e affascinante per chi come me è abituato a un mondo totalitario. Il governo russo crea illegalità, non rispetta i diritti umani. Le persone che vanno alle manifestazioni sono molto coraggiose: rischiano la vita. Ora raduni e rivolte si stanno verificando nelle principali città, le autorità hanno paura di questo e adottano misure molto dure. Ma un giorno, auspica Zhenya, questa propaganda di bugie sono sicuro che finirà”.
(in foto l'aeroporto di Dubai)