Economia

Thumbnail RAVENNA: Porto, traffico in aumento ma rischio declassamento | VIDEO

RAVENNA: Porto, traffico in aumento ma rischio declassamento | VIDEO

ECONOMIA - Il 2025 è iniziato bene per il porto di Ravenna che vede aumentare il traffico di merci e persone. Sul futuro però pesa l’incertezza sui dazi e il declassamento che potrebbe scattare a maggio. +7,6% a gennaio, con un aumento stimato a febbraio del +0,7%. Comincia bene l’anno per il porto di Ravenna, che registra numeri in positivo in tutti i settori, dalle merci al trasporto di persone. “I nostri settori trainanti stanno ottenendo buoni risultati” è stato il commento della presidente dell’Autorità Portuale, Maria Petrosino, che però ha sottolineato come i dubbi sui dazi, che potrebbero essere imposti dagli Stati Uniti, gettino un’ombra di incertezza sul prossimo futuro. A breve, inoltre, un’altra spada di Damocle potrebbe abbattersi sulla struttura: quella del declassamento. Proprio per questo, il sindaco in pectore di Ravenna, Sbaraglia, ha incontrato il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, esprimendo le sue preoccupazioni. Ad interessarsi alla questione anche il viceministro ai Trasporti, Edoardo Rixi, in visita pochi giorni fa: “Ho chiesto rassicurazioni. Mi è stato detto che arriverà altro organico e che alcuni servizi non verranno tagliati, anzi verranno potenziati. Tuttavia, mi piacerebbe condividere una prospettiva e capire le motivazioni che hanno portato alla riorganizzazione dell’impianto delle dogane nei porti italiani”. "Il porto non verrà penalizzato", replica l’Agenzia delle Dogane. Anzi, grazie alla riorganizzazione, il personale di servizio passerà da 63 a 72 unità. Nei prossimi giorni è previsto un incontro, si spera chiarificatore, con il direttore dell’Agenzia, Roberto Alesse.

Thumbnail EMILIA-ROMAGNA: Rallenta l’economia regionale, preoccupano i dazi | VIDEO

EMILIA-ROMAGNA: Rallenta l’economia regionale, preoccupano i dazi | VIDEO

Produzione, fatturato, export e ordini interni in calo; preoccupano i dazi annunciati da Trump, mentre gli scenari futuri sono quelli di un’economia quasi in tempi di guerra. È il quadro, con più ombre che luci, descritto dall’indagine congiunturale sull’industria del manifatturiero in Emilia-Romagna nel 2024, realizzata da Unioncamere, Confindustria e Intesa San Paolo Produzione e fatturato al -3% e ordini interni al -5%, con praticamente tutti i settori in contrazione, anche se con intensità diverse, e problemi maggiori per le realtà più piccole. Cala l’export, cresce il ricorso alla cassa integrazione e le previsioni sono tutt’altro che rosee, visto che l’economia regionale nel 2025 dovrebbe crescere di appena lo 0,6 %, come l’anno precedente, raggiungendo forse l’uno per cento solo nel 2026. Meglio di altre zone del Paese, ma comunque male rispetto alle abitudini da queste parti. È un quadro con più ombre che luci quello che emerge dall’indagine congiunturale sull’industria del manifatturiero in Emilia-Romagna realizzata da Unioncamere, Confindustria e Intesa San Paolo, relativa al 2024. Dati che dunque non tengono conto del rischio sempre più concreto dei dazi americani, ma che risentono comunque degli scenari internazionali. Siamo in guerra, il sistema è impaurito ma tiene, sottolinea Veronesi, presidente di Unioncamere Emilia-Romagna, nonostante un quadro definito preoccupante, di un manifatturiero già in calo da oltre 21 mesi, ma con una crisi finora rimasta sottotraccia. “Facciamo fatica a intravedere qualcosa da soli, come sistema abbiamo bisogno di lavorare tutti insieme -dice proprio Veronesi- e abbiamo bisogno di ripensare il 5.0: possiamo combattere i dazi solo se siamo in grado di produrre a un costo più basso”. Malgrado tutto, l’occupazione tiene ma si farà fatica a trovare i profili più alti. Servono una mano dalla politica a tutti i livelli, Europa compresa, e sostegno ai consumi domestici. E serve inoltre non fermarsi, cercando nuove opportunità. “Io penso che ci saranno dei cambiamenti e siccome le nostre sono aziende dinamiche, sapranno affrontarle -conferma Annalisa Sassi, presidente di Confindustria regionale-. Sicuramente in nuovi mercati che non affrontiamo possono essere un’opportunità, quindi bisogna non fermarsi ma crescere ancora”.

Thumbnail BOLOGNA: Al via Mecspe, le sfide del manifatturiero fra transizione, dazi e digitalizzazione | VIDEO

BOLOGNA: Al via Mecspe, le sfide del manifatturiero fra transizione, dazi e digitalizzazione | VIDEO

Al via alle Fiere di Bologna la 23esima edizione di Mecspe, l’evento internazionale dedicato al manifatturiero, che quest’anno deve fare i conti con un momento non semplice per le aziende del settore, tra rischio dazi e costi in aumento a causa anche dei conflitti internazionali Al via alle Fiere di Bologna la 23esima edizione di Mecspe, evento internazionale dedicato al settore manifatturiero, dal 2021 di casa nel capoluogo di regione, dopo anni al polo fieristico di Parma. Oltre 2.100 le aziende presenti. Più di 120 i convegni in programma per tre giorni, con in contemporanea nei 100mila mq di superficie espositiva, anche Metef, la fiera della filiera dell’alluminio. Il dato di visitatori da battere dello scorso anno è di quota 66mila. “Sono in corso due transizioni, quella digitale e quella green, che pongono sfide importanti al nostro sistema produttivo e poi c’è un contesto geopolitico non semplice che ci imporrà scelte importanti per garantire un futuro alle nostre imprese” spiega Raffaele Spallore, dirigente Divisione II – Politiche per la digitalizzazione delle imprese, l’innovazione e l’analisi dei settori produttivi al Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Dal piano di transizione 5.0, approvato lo scorso anno dal Mimit, alle sfide della transizione digitale e della sostenibilità. Dall’onda lunga del Pnrr alle difficoltà del momento a causa di conflitti, costi energetici in aumento e rischio dazi. Tra fiducia e timori degli addetti ai lavori, sono tanti i temi al centro della manifestazione. Emilio Bianchi, direttore generale Senaf e Mecspe, conclude: “Gli Stati Uniti sono sicuramente il primo mercato di sbocco per le nostre imprese, ma con costi molto impattanti. Internamente possiamo fare molto se non ci disturbiamo troppo a spostare l’attenzione su tecnologie verdi di cui non siamo proprietari. Così stiamo impattando negativamente sull’industria automobilistica che è uno dei principali driver del nostro settore”.


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