BOLOGNA: Vigilessa uccisa, imputato cancellò chat poco prima della morte
"Questa è una analisi interpretativa, non è una verità divina, ma sono sicuro che le cose sono andate così. Fino alle 15.39 Giampiero Gualandi ha interagito col contatto di Sofia Stefani, quindi la cancellazione della chat è avvenuta in un arco di tempo che arriva fino alle 15.55". Ovvero poco prima della morte di Sofia Stefani. Lo ha detto il maresciallo maggiore del nucleo investigativo dei carabinieri di Bologna, Matteo Filippone, testimoniando davanti alla Corte d'Assise di Bologna, presieduta dal giudice Pasquale Liccardo, nel processo a Giampiero Gualandi, 63enne ex comandante della polizia locale di Anzola Emilia (Bologna) accusato dell'omicidio volontario aggravato (dai futili motivi e dal legame affettivo) della collega Stefani, 33 anni, con cui aveva una relazione extraconiugale. Stefani è stata uccisa il 16 maggio 2024 da un colpo partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi nell'ufficio dell'uomo, al comando di Anzola. Per la difesa dell'imputato si è trattato di un colpo partito accidentalmente durante una colluttazione, mentre per la Procura Gualandi ha ucciso Stefani intenzionalmente. Nell'udienza odierna si è svolto il controesame del perito informatico della difesa di Gualandi (presente in aula accanto ai suoi avvocati Claudio Benenati e Lorenzo Valgimigli), Lorenzo Benedetti, secondo il quale la cancellazione della chat non fu totale "ma selettiva", e il confronto con il consulente dell'accusa, maresciallo Filippone. Successivamente è cominciata la deposizione del consulente balistico della Procura (procuratrice aggiunta Lucia Russo), il maresciallo del Ris Luigi Desideri.
"Non c'erano ustioni, né bruciature, né tagli da ritenere che le mani della Stefani fossero state a contatto con la pistola o nelle immediate vicinanze dell'arma. In caso contrario ci sarebbero state delle ustioni o delle ferite sulle mani. La ricostruzione (della difesa, ndr) non può essere attendibile dal punto di vista tecnico scientifico, non si ritiene infatti che la vittima abbia afferrato la pistola". Lo ha detto il maresciallo del Ris di Parma Luigi Desideri, consulente balistico della Procura, testimoniando davanti alla Corte d'Assise di Bologna, nel processo nei confronti di Giampiero Gualandi, 63enne ex comandante della polizia locale di Anzola Emilia (Bologna) accusato dell'omicidio volontario aggravato della collega Stefani, 33 anni, con cui aveva una relazione extraconiugale. Stefani è stata uccisa da un colpo partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi nell'ufficio dell'uomo, al comando di Anzola. Per la difesa dell'imputato si è trattato di un colpo partito accidentalmente durante una colluttazione, mentre per la Procura Gualandi ha ucciso Stefani intenzionalmente. Anche la perizia medico legale, ha sottolineato Desideri, incalzato dalle domande della procuratrice aggiunta Lucia Russo, esclude una colluttazione fisica e prolungata tra la vittima e Gualandi. "Non c'è presenza, inoltre, di contenuto genetico di Stefani sull'arma" ha ricordato sempre il consulente. "Sul grilletto, invece, è presente il contenuto genetico di Gualandi. Mancano poi le impronte della vittima sull'arma". In definitiva, "tutti gli accertamenti del Ris di Parma insieme alle consulenze medico legali e balistiche fanno propendere che l'arma non sia stata toccata dalla vittima e la ricostruzione quindi della colluttazione non è attendibile per essere sostenuta", ha spiegato il maresciallo Desideri.