13 GENNAIO 2016

09:32

NOTIZIA DI CRONACA

DI

1720 visualizzazioni


13 GENNAIO 2016 - 09:32


NOTIZIA DI CRONACA

DI

1720 visualizzazioni



RAVENNA: Cronotachigrafo alterato, pesanti sanzioni per un camionista rumeno

Sanzioni per circa 1.700 euro, ritiro della patente ai fini della sospensione, con relativa decurtazione di 10 punti, sequestro dell’attrezzatura illegale installata sul mezzo. Queste le conseguenze per un autotrasportatore rumeno, di 47 anni, fermato ieri, in via Canale Magni, dalla Polizia Municipale di Ravenna,  nell'ambito di un servizio preordinato e mirato al controllo del trasporto pesante. Da approfondite verifiche attuate dagli agenti dell’Ufficio Emergenza e Sicurezza Stradale, con ausilio di specifica strumentazione, emergeva che i file scaricati dal cronotachigrafo digitale installato sul veicolo presentavano diverse anomalie. In particolare il mezzo, in quel momento circolante, risultava in pausa e non in modalità guida. A questo punto gli operatori dopo aver ispezionato il veicolo alla ricerca di eventuali congegni che potessero alterare i dati, con esito negativo, invitavano l’autista a seguirli presso un’officina specializzata per i necessari accertamenti. E’ così che, in collaborazione con il personale tecnico dell’officina, riuscivano a “scovare”, ben nascosto sotto il parabrezza della cabina del camion, nelle vicinanze del cronotachigrafo originariamente installato, un vero e proprio impianto cronotachigrafo “parallelo”, azionabile attraverso un telecomando. Il conducente poteva, in tal modo, a suo piacimento, attivare o disattivare la registrazione dei dati facendo risultare, in caso di controlli, fasi di riposo da lui in realtà mai effettuate. Al termine degli accertamenti scattavano per il trasgressore tutti i provvedimenti amministrativi previsti con relativa sanzione accessoria del ritiro della patente ai fini della sospensione.




ALTRE NOTIZIE DI CRONACA

RIMINI: Uccise la moglie, confermata la pena a 23 anni di carcere

E’ arrivato a conclusione il processo ai danni di Giovanni Laguardia, 72enne riminese che ha ucciso la moglie, Vera Mudra, nell’ottobre 2020. La cassazione ha confermato la pena inflitta in primo grado. 23 anni di carcere. Questa la sentenza della corte di cassazione nel terzo e ultimo appello che ha visto alla sbarra Giovanni Laguardia, ex idraulico riminese di 72 anni, che il 26 ottobre 2020 aveva ucciso, colpendola con un martello, la moglie Vera Mudra, 61enne originaria dell’Ucraina. I giudici hanno  confermato la pena già stabilita nel primo grado di giudizio, contro la quale la difesa aveva fatto appello. La questione era tutta concentrata sul fatto che l’imputato fosse, al momento dell’omicidio, in grado o meno di intendere e di volere. Per questo era arrivata dagli avvocati di Laguardia la richiesta di sottoporre il loro assistito a una nuova perizia psichiatrica. Richiesta che la Cassazione ha rigettato, mettendo quindi definitivamente la parola fine sul processo. All’imputato erano state comunque riconosciute le attenuanti generiche per avere confessato subito quanto accaduto alle autorità. Era stato infatti lo stesso 72enne, subito dopo aver commesso il fatto, in piena notte, a telefonare alla cugina della moglie per raccontare tutto. Secondo quanto ricostruito nel processo, la donna aveva scoperto il tradimento del marito e voleva  lasciarlo.  Una decisione che l’uomo non riusciva ad accettare. Non c’è stata però alcuna premeditazione, hanno stabilito i giudici, una aggravante che sarebbe costata all’uomo la pena dell’ergastolo.