16 GENNAIO 2025

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16 GENNAIO 2025 - 13:45


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EMILIA-ROMAGNA: Federmoda sui saldi, “non funzionano, sono anacronistici” | VIDEO

Saldi amari per il settore dell’abbigliamento. Secondo Federmoda Emilia-Romagna la loro impostazione è “anacronistica” e va rivista. Intanto in regione hanno chiuso oltre 3.500 attività in dieci anni.

 

Sono partiti i saldi. Quale bilancio fare, mentre sono in corso, e come sta andando a livello regionale?

“Credo che sia sempre questione dirimente quella dei saldi – risponde Giammaria Zanzini, presidente Federmoda Emilia-Romagna -. C'è chi li vuole liberalizzare, c'è chi li vuole posticipare. Certo che una soluzione bisogna trovarla, perché così come sono impostati sono anacronistici. I saldi invernali dell'anno scorso hanno subito a gennaio, febbraio, marzo un -4, -5” per cento di vendite. “Per non parlare poi quello di luglio, un -8”.

Questi saldi stanno aiutando un settore in difficoltà, quello dell’abbigliamento? Quali sono le principali sfide al momento?

“C'è una concorrenza sistematica, sleale da parte di quelli che fanno le promozioni continue tutto l'anno. Per non parlare poi di questo Black Friday che ha drenato il 60% delle vendite natalizie”.

Tra il 2012 e il 2023 in Emilia-Romagna si è assistito a un tracollo del commercio al dettaglio. Si sono perse 3.500 imprese divise circa a metà fra centri storici e periferie. C'è una nuova giunta regionale. Quali saranno le vostre prime richieste?

“La prima richiesta che andremo a chiedere all'assessora regionale Roberta Frisoni sarà un incontro che verterà su quella che è la concorrenza degli outlet. Un outlet che nasce come vendita di prodotti disassortiti, di fine serie, non può beneficiare di sconti su sconti, facendo una concorrenza sleale sicuramente per i piccoli negozi di prossimità, visto che oggi è in corso una desertificazione commerciale all'interno dei nostri piccoli paesi”.




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FORLI’: Al Fabbri il premio Nobel Parisi, “l'Europa investa in ricerca”

L'Europa deve investire di più nella ricerca, promuovendo politiche che vadano in questa direzione, e in Italia i piccoli aumenti non sono sufficienti a imprimere un cambiamento. Lo ha detto il Nobel Giorgio Parisi nell'incontro sulla ricerca e l'Europa organizzato a Forlì, in ricordo del giornalista scientifico Pietro Greco, dall'Associazione Nuova Civiltà delle Macchine con l'Associazione Progetto Ruffilli e l'Associazione e Alighieri Forlì-Cesena, con il sostegno del Comune.      In Europa investire in ricerca è fondamentale per sostenere le nuove sfide internazionali, dalla crescente concorrenza della Cina al ruolo sempre più presente dei privati: "Se l'Europa non riuscirà a puntare sulla ricerca, questo sarà un problema", ha osservato Parisi ricordando la proposta fatta all'inizio degli anni '90 dall'allora presidente della Commissione Ue Jacques Delors, di poter stornare dal deficit di bilancio le spese per la ricerca. Quella proposta è poi decaduta, ma secondo Parisi è ancora valida: "L'Europa potrebbe spingere i suoi Stati membri a investire di più" attraverso "politiche economiche a favore della ricerca".        Avere una ricerca pubblica forte è anche necessario per sostenere la concorrenza di un Paese che sulla scienza sta investendo moltissimo, come la Cina, e che "sta dimostrando un costante interesse nell'investire nella scienza". Finanziare la ricerca publica significa poi avere uno strumento importante per affrontare l'ascesa dei privati: "È fondamentale che ci sia la capacità pubblica di finanziare la scienza. Il pubblico di condividere le conoscenze, mentre i privati potrebbero non avere interesse a farlo".       Investire sulla ricerca scientifica è cruciale anche per l'Italia, dove piccoli aumenti non sono sufficienti: aiutano solo a compensare l'inflazione, ha osservato, e richiederebbero un tempo molto lungo per rappresentare un aumento sostanziale: "Anziché procedere con piccoli aumenti, si dovrebbe invece cambiare completamente rotta".       Nel nostro Paese, ha aggiunto, mancano inoltre i capitali di rischio, disposti a investire su progetti presentati da giovani ricercatori brillanti e che permettano loro di realizzare le loro idee. "Attravero la Cassa depositi e prestiti, il governo italiano potrebbe firmare contratti di questo tipo, naturalmente in maniera oculata, ma questo - ha rilevato il Nobel - non viene fatto". Un segnale forte delle difficoltà che i giovani ricercatori brillanti trovano in Italia è evidente, per esempio, delle classifiche dei finanziamenti assegnati dal Consiglio Europeo della Ricerca: "Se guardiamo alla classifica secondo la nazionalità dei ricercatori, gli italiani sono fra i primi posti, ma nella classifica per Paesi, l'Italia è su posizioni più basse".