RAVENNA: Delitto Ballestri, per i giudici si è trattato di “femminicidio”
Centosettantasette pagine in cui i giudici descrivono come lucido e crudele il piano di Matteo Cagnoni di uccidere la donna da cui si stava separando, Giulia Ballestri. Dopo la sentenza del 26 settembre scorso che ha condannato il medico ravennate all’ergastolo, i giudici della Corte d’Appello di Bologna hanno depositato le motivazioni della sentenza in cui compare il termine di “femminicidio”.
Secondo i magistrati, Cagnoni è un uomo dalla personalità fortemente narcisistica con l’ambizione di apparire perfetto in società e che era “intimamente convinto di dominare e possedere la propria consorte” al punto di costringerla a lasciare il lavoro. Il medico, si legge tra le pagine, aveva esercitato su di lei “un enorme potere economico, culturale e caratteriale” e quando la moglie aveva deciso di lasciarlo, l’uomo non riusciva ad accettarlo. Un senso del “dominio” che per i giudici di secondo grado “può sfociare in feroce violenza e, nei casi estremi, nel femminicidio”. Un delitto eseguito in modo “efferato” e vissuto dal marito come “somma punizione” nei confronti della donna, dicono i magistrati, i quali hanno smontato la linea difensiva che puntava sul far riconoscere l’incapacità di intendere e di volere dell’imputato. Per i giudicanti, però, “non vi è ragione per dubitare della piena capacità” di Cagnoni “nel momento in cui pose in essere il fatto delittuoso”.
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